Sessualità e social media nel post-pandemia

sessualita-social-media-post-pandemia

Articolo di Valentina Cosmi

Dal 12 al 14 aprile si è tenuto a Roma il 6° Congresso Nazionale della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU): “La medicina della riproduzione tra ricerca e clinica. Dal desiderio genitoriale al bambino in braccio”.

All’interno dell’evento, focalizzato sui temi della riproduzione e della fertilità, il Comitato Scientifico ha scelto di lasciare spazio ad una sessione di psico-sessuologia dedicata ad alcuni aspetti che oggi appaiono più attuali che mai, tra cui:

In qualità di Discussant, sono stata chiamata a tirare le fila di questa sessione, coinvolgendo i relatori e alimentando il dibattito in materia. L’occasione è sembrata ghiotta per proporre, anche ad una platea costituita quasi completamente da colleghi medici, un tema particolarmente caldo in questo momento storico e a cui sono particolarmente legata: la condizione dell’educazione sessuale e affettiva in Italia, con un focus specifico rivolto all’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione.

Gli interventi proposti hanno presentato un fil rouge comune: a partire dal post-covid abbiamo infatti assistito ad un incremento (e a tratti ad un’esasperazione) di fenomeni già chiaramente presenti nella nostra quotidianità. Gli adolescenti, ma non solo, si sono trovati a far fronte ad un isolamento relazionale, famigliare e culturale senza precedenti. I punti di riferimento presenti fino a pochi giorni prima sono crollati, per lasciare spazio ad un mondo centrato sulla virtualità e su “l’on line” senza eccezione di colpi. Vogliamo forse dire che la realtà virtuale, le relazioni on line, le modalità “in remoto” non fossero ampiamente diffuse già prima della pandemia? Ovviamente no. Il punto fondamentale è un altro: con l’avvento della pandemia sono venute meno tutte quelle alternative sociali e relazionali di cui tutti avevamo potuto godere; in altre parole, la relazioni reali, concrete, in carne ed ossa, godevano già di pessima salute, la pandemia non ha fatto altro che dar loro il colpo di grazia. Ecco allora che non solo i giovani ma tutte le persone, di qualsiasi fascia d’età, si sono trovate catapultate in una realtà che conoscevano ma non era prevalente nelle loro vite o, in alcuni casi, che non conoscevano affatto.

Tra le aree di vita che hanno risentito maggiormente di questo enorme cambiamento troviamo senza dubbio l’area legata al corpo e alla relazione, di certo quindi l’area della sessualità e dell’affettività. L’utilizzo della pornografia on line, ad esempio, ha subito una crescita esponenziale, così come l’utilizzo dei social media. Ma anche su questo punto è importante fare una riflessione puntuale: l’accesso alla pornografia in rete non è una novità e di per sé questo non può essere considerato, in alcun modo, un fattore predittivo di problemi nella sfera relazionale, sessuale e affettiva. Quello che colpisce invece è che nonostante le difficoltà di questi ultimi anni, nonostante l’incremento di comportamenti disfunzionali sul piano relazionale, in Italia non ci sia una proposta di legge, né un interesse in tal senso, per la realizzazione di un piano formativo strutturato legato all’educazione sessuo-affettiva. Tutte le ricerche internazionali ci ricordano come oggi le informazioni in merito alla sessualità presenti on line siano assolutamente accreditate e seguite da diverse fasce della popolazione. Le persone, cioè, si rivolgono alla rete per ottenere le risposte alle loro domande. Il punto allora, non è tanto quello di demonizzare social media, realtà virtuale, pornografia in rete, quanto piuttosto cercare di dare un senso a questi stimoli che arrivano da ogni direzione e con cui la pandemia ci ha costretti a stare sempre più in contatto.

I social media possono infatti rappresentare strumenti validi per reperire informazioni, per favorire un primo contatto con l’altro e, in alcuni casi, possono aiutare soprattutto i più giovani a superare l’imbarazzo legato all’ignoto, a ciò che non si conosce, favorendo la condivisione di interessi e attitudini…la questione diventa quindi: dopo che succede? La domanda nasce spontanea se pensiamo ai giovanissimi che sono cresciuti in un contesto in cui la realtà on line è uno dei principali riferimenti, in alcuni momenti l’unica realtà possibile, dove il contatto fisico, corporeo, con l’altro è quasi inesistente. Come affronteranno questi giovani le loro prime esperienze sessuali e affettive? Quali strumenti avranno a disposizione per incontrare i coetanei potendo attingere alle proprie risorse emotive? O ancora, chi dovrebbe aiutarli e sostenerli nel difficile compito di sviluppare le proprie competenze sociali e relazionali?

Osservando le generazioni più giovani la sensazione è che manchino loro gli strumenti per affrontare il passaggio dal virtuale al reale in modo armonico e “sicuro” dal punto di vista emotivo. Sempre più frequentemente i genitori sono preoccupati dell’utilizzo che i figli fanno dei social: li sentono non tanto come un contesto pericoloso, in cui si possono potenzialmente incontrare persone minacciose, quanto come qualcosa che “toglie” ai loro figli la possibilità di un incontro reale con l’altro, che smorza il desiderio di contatto in favore di una vicinanza che nasce e muore in modo virtuale. A guardar bene la situazione è come se le passioni che hanno alimentato l’essere umano siano andate progressivamente spegnendosi o abbassandosi.

Come comunità scientifica siamo chiamati da un lato, ad educare le nuove generazioni ad un utilizzo consapevole e “sano” dei social media, che possono a tutti gli effetti configurarsi come piattaforme di incontro, di scambio, come trampolino di lancio per lo sviluppo di attività creative e, dall’altro lato, favorire un’educazione che sia rivolta al potenziamento degli strumenti relazionali ed emotivi che consentono poi l’incontro reale nella sua specificità ed unicità. Una sfida questa che necessita di contesti strutturati e regolamentati a livello centrale e che impone una rapida risposta da parte delle diverse realtà istituzionali.

Lascia un commento